The Project Gutenberg eBook of In gondoleta

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Title: In gondoleta

Author: Antonio Negri

Release date: November 21, 2006 [eBook #19894]
Most recently updated: February 5, 2010

Language: Italian

Credits: Produced by Carlo Traverso and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was produced from images generously made available by Biblioteca Nazionale Braidense - Milano)

*** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK IN GONDOLETA ***

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Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was produced from images generously made available by Biblioteca Nazionale Braidense - Milano)

IN GONDOLETA

ANTONIO NEGRI

(RATAPLAN)

In Gondoleta

Barcarole e Rime Veneziane

MILANO

CARLO ALIPRANDI, EDITORE

Via Stella, Num. 9.

L'Editore CARLO ALIPRANDI si riserva tutti i diritti di proprietà letteraria secondo le vigenti leggi.

Milano—Prem. Stab. Tip. dell'Editore CARLO ALIPRANDI—Via Stella, 9.

PREFAZIONE

Eccoti, lettrice gentile, dei versi in dialetto veneziano, in quel dialetto che, se sei veneziana, suona sulle tue labbra come una carezzevole armonia, e che, anche se non sei veneziana, sa giungere all'orecchio tuo come una facile musica dolce.

Non ti voglio annoiare con una lunga prefazione: debbo però dirti che questi versi sono stati composti dal 1893 al '95 e che sono inediti, eccetto poche poesie che uscirono insieme ad altre non comprese nel presente volume, nei giornali dialettali di Venezia, sotto il mio pseudonimo: RATAPLAN.

Così ho detto quanto sentivo il bisogno di dirti: leggi ora i miei versi, lettrice buona e cortese. E se le mie barcarole, le mie canzonette, le mie vilote ti saranno piaciute, o lettrice, ringrazia la mia Venezia, la cara città che le ha dettate al mio cuore, quando, a tarda sera, muto e raccolto passeggiavo lungo il Molo, sotto l'argenteo fulgore lunare, di fronte all'isola di S. Giorgio, misteriosa nell'ombra, mentre nella pace notturna l'alito soave della brezza e l'onda quieta della laguna s'accordavano a una dolce armonia.

Venezia, 7 aprile 1895.

ANTONIO NEGRI.

AVVERTENZA

Per quanto riguarda l'ortografia adottata nel presente volumetto, devo premettere due parole. Come consigliò Attilio Sarfatti nella «nota» premessa alla prima edizione delle sue Rime Veneziane, anch'io scrissi la consonante c davanti ad i, e, con la cédille, che determina il suono s: e tolsi l'h, che si soleva una volta mettere fra la c e la i, la c e la e. Così çielo, çimitero, çità, dolçe, ecc., si leggeranno: sielo, simitero, sità, dolse, ecc.; invece di vechio, vechi, vechie, ochio, a chico a chico, ecc., secondo la grafia antica, preferisco scrivere vecio, veci, vecie, ocio, a cico a cico, ecc., le quali parole, non avendo alcun segno, si leggeranno come sono scritte.

In quanto concerne il modo per indicare graficamente il suono palatino della c che segue alla s, convengo con quanto scrisse il Dottor Umberto Spanio nella «Avvertenza» anteposta ai versi Un toco de vita veneziana, pubblicati sotto il pseudonimo: GRILO. Trascrivo le sue parole: «La difficoltà maggiore sta nel modo di indicare graficamente il suono palatino del c che segue alla sibilante dentale. Il Boerio ed altri proposero di rendere questo suono coll'aggiunta di un h ed insegnarono quindi di scrivere: rischiar, schioco, schiantar, ecc. Altri tentarono di indicare questo suono coll'interporre una lineetta fra la s e la c: ris-ciar, s-cioco, s-ciantar. Perchè non adottare il sistema della linguistica moderna, che distingue il suono palatino del c per mezzo di un accento sovrapposto? Così: risćiar, sćioco, sćiantar, si pronunciano come fosse scritto: ris-ciar, s-cioco, s-ciantar, a differenza della pronuncia di sciar, scioco e simili», che si pronunciano come ad esempio l'italiano: scia.

MONTA, NINETA, IN GONDOLA….

    Monta, Nineta, in gondola,
      Te condurò lontan su la laguna;
      Vien, Nina mia, destrighete,
      Chè, fin dal çiel, le palide
      Stele te fa l'invito a una, a una.

    Su l'onda queta e limpida,
      El cuor xe più espansivo e più sinçero;
      Fra la pase dolçissima
      Del mar, del çielo splendido,
      L'amor ga un zentil senso de mistero.

    Adasio, el vento tiepido
      Che de l'Oriente porta la carezza,
      Ne sonarà la musica
      Che sente sole l'aneme
      Inamorae, co un'intima dolçezza.

    E quando po' le nuvole
      Vorà ofuscar de la gran luna el viso,
      Ne la penombra, palide
      Fantasme dirà storie
      De cuori innamorai, de paradiso.

    E da lontan, Venezia
      Zentil e ciara[1] sora l'aqua piana,
      Velada[2] un fià[3] da nebie
      Che più cressa el so' fassino,[4]
      Soridarà come oriental sultana.

    Storie de amor, de spasemi
      D'aneme inamorae cantarà el vento;
      I nostri cuori zoveni
      I sentirà in un'estasi
      La divina poesia del firmamento.

    De la laguna el plaçido
      Specio, del çiel rifletarà i splendori;
      Ne l'incantà silenzio
      Sentiremo a l'unisono
      El bater spezzegà[5] dei nostri cuori….

    Monta, Nineta, in gondola,
      Te condurò lontan su la laguna;
      Vien, Nina mia, destrighete,
      Chè, fin dal çiel, le palide
      Stele te fa l'invito, a una, a una.

[1] ciara = chiara.

[2] velada = velata.

[3] un fià = un po'.

[4] che più cressa el so fassino = che più accrescano il suo fascino.

[5] el bater spezzegà = il battere affrettato.

«AMAR, AMAR, AMAR….»

    Nina, d'amor ne parla el çiel rosà,
      Le rare nuvolete,
    El sol basso su l'aqua, imporporà,
      Le picole barchete
    Che su l'ondina placida, liziere,
      Lontan le svola via….
    Tuto dise d'amor vose[1] sinçere,
      Bela Nineta mia.

    Se una vela se perde nel lontan
      Paçifico orizonte;
    Se co ela se perde un senso arcan
      De contentezze sconte[2],
    De l'altre vele vien a nualtri in volta[3]
      Più alegre sora 'l mar….
    Tute 'ste cosse, mia Nineta, 'scolta,
      No le te fa pensar?

    Varda el cocal[4] che sora l'aqua svola:
      Come che 'l ride: senti!
    No par che anca lu creda a la parola
      Dolçe e cara dei venti?…
    «Amar, amar», ne la so vose el canta:
      «Amar, amar, amar….»
    Ti, mia Nineta, a la parola santa
      No ti ghe vol badar?…

    Le nuvole, el cocal, el sol, l'ondina,
      Varda, crede a l'amor.
    Solo el ridar del çiel, dolçe mia Nina,
      Te dise gnente el cuor?
    Pensa da novo, cara, al sentimento
      Che me entusiasma mi:
    Che le vele lontane o pur el vento
      No diga gnente a ti?

[1] vose = voci.

[2] sconte = nascoste.

[3] vien a nualtri in volta = vengono verso di noi, alla nostra volta.

[4] cocal = gabbiano.

PARCOSSA?…

    Parcossa[1], quando mi te vardo el viso,
  Ti vardi in alto, in cielo?
    Parcossa, co' mi çerco el to soriso,
  Anzoleto mio belo,
    Ti seri quela boca coralina
  Bela come un bel fior,
    E el serar de la boca piçinina
  A mi me sera el cuor?…

    Parcossa, co' ti parli, per un toco[2]
  Resto imagà[3] a vardarte?
    Parcossa a mi me trema, e no per poco,
  La lengua in tel parlarte,
    E co tute le tante bele cosse
  Che mi da dirte go,
    Me sento le ganasse[4] vegner rosse
  E parlar più no so?

    E parcossa, anca ti, quando te fisso
  In quei gran oci bei,
    Quando mi vardo quel tesoro risso
  Del neri to cavéi,
    Ti me deventi come 'l fogo rossa,
  Ti va lontan da mi….
    Dimelo, 'vanti, dime, zo: parcossa
  Ti te scaldi cussì?…

    Parcossa nasse mai 'ste robe quando
  Nu soli se trovemo?
    Parcossa mi a ti vado ripensando
  Quando no se vedemo?
    Parcossa mai me bate forte in peto
  'Sto mio povaro cuor?…
    Dime: che 'l sia cussì, bel anzoleto,
  Quelo che i ciama amor?…

[1] Parcossa?… = Per che cosa? Perchè?

[2] per un toco = per un po' di tempo.

[3] imagà = estasiato, intontito.

[4] ganasse = guancie.

TRA BARCARIOI

    —Se s'à da vedar! Fiol d'un can! De ponta
      In te 'sto modo, in pope, zo 'l me vien!…[1]
      E po' 'l ride, quel bogia, anca per zonta….[2]
      Ma no ingioto[3] perdio, no, 'sto velen!

    El ga razon che so' obligà col nolo,
      Se no lo ciaparave[4] per el colo;

    Ma speta, buratin, che vegna in tera:
      A pugni te farò cambiar maniera!

(due ore dopo, a terra)

    —El diga, lu m'à dà in pope un urton
      Co' gera co foresti do ore fa….
      Go promesso de farme far razon:
      Da l'osto i testimoni ghe sarà.

    —Ma cossa gh'entro mi?… No ò fato aposta….
      —Nato d'un can! se el ga sbregà[5] na costa!

    —El diga, per so' ben, guai se nol tase!
      —Ben, zo, 'ndemo da l'osto e femo pase!—

[1] vegner de ponta = colpire con la prua.

[2] per zonta = per giunta, per di più.

[3] no ingioto = non trangugio; qui: non mando giù questo insulto.

[4] ciaparave per el colo = prenderei per il collo.

[5] sbregà = squarciato.

EL SCALDIN[1]

    Son tondo, son picolo,
      Son fato de tera;
      In mezo a le tecie[2]
      Son stà fabricà;
      E quando che luçido
      Gnancora[3] no gera,
      El mogio[4], el sol torido,
      Poarin[5], go provà.

    Lavoro finissimo
      Mi d'esser no credo;
      Ufizio ben umile
      Me incorzo[6] d'aver:
      De piati, de cicare[7]
      Fradelo me vedo,
      El mio gran artefiçe
      Xe stà un…. pignater[8].

    De mi se desmentega
      Per più de mezo ano
      Chi amigo carissimo
      M'à za dito un dì;
      Ma questo xe un utile
      Piutosto che un dano,
      Perché xe più façile
      Che dura cussì.

    Co' ariva qua el tiepido
      Calor de le ariete,
      Finisso el servizio,
      Finisse el dafar,
      E fra ratatuie[9]
      Al scuro i me mete,
      Finchè vien i brividi
      A farve tremar.

    Co' casca la candida
      Zentil biancolina,
      Co' 'l vento che fisćia
      Vien zo dal camin,
      I vien torme subito
      Per 'ndar in cusina:
      Alora i desidera
      L'amigo scaldin!

    E co' bronze e cénere
      Go dentro e son caldo,
      'Na tosa, vardandome,
      Se scalda le man….
      E mi, contentissimo
      La vardo e la scaldo:
      Xe caro, carissimo
      Per mi el fredo can!

    E quando, nel massimo
      Del fredo, i penini[10]
      Se ingiazza, e informigola[11]
      Nel streto stival,
      De soto le cotole[12]
      Piaçeri divini
      Mi godo, e fantastico….
      No gh'è nissun mal.

    Scaldando, godendome,
      Mi passo l'inverno,
      Per questo desídero
      Che svola l'istà….
      Al fogo me abituo,
      No temo l'inferno….
      El fredo più rigido
      Più caldo me fa!…

[1] El scaldin = il caldanino.

[2] tecie = tegami.

[3] gnancora = non ancora.

[4] el mogio = il mollore.

[5] poarin = poverino.

[6] incorzo = accorgo.

[7] cicare = chicchere.

[8] pignater = pentolaio, stovigliaio.

[9] ratatuie = oggetti in disuso (termine generale).

[10] penini = piedini.

[11] informigola = si intorpidiscono.

[12] cotole = sottane.

SU L'AQUA LIMPIDA….

    Su l'aqua limpida galegia arzento,
      Nel çiel, fra nuvole, passa la luna…
      I riçi[1] se agita, cocola, al vento,
      Svola la gondola su la laguna.
 'Sto specio[2] arzenteo, senti, Nineta,
   Come che 'l palpita soto de nu;
   Come ne ninola[3] l'aqua discreta
   Nel moto plaçido, che xe un bisù[4].

    St'aqua, da secoli, Nina, xe avezza
      A vedar languidi, zoveni amori,
      Ela xe solita, co 'sta carezza,
      A unir ne l'estasi dolçe dei cuori.
 Difati, cocola, soto 'sto incanto,
   Chi xe insensibile, dime: che cuor?
   No xe continuo del vento el canto,
   No parla l'aqua sempre d'amor?

    Senti, mio anzolo, a 'sto conçento
      Che parla a l'anema, mi no resisto,
      Nè ti, insensibile al dopio açento
      De l'incantevole note t'ò visto,
 Dunque, contentime, dolçe Nineta,
   Lassite, lassite, cara, basar….
   Se vien de porpora la ganasseta,
   Chi stà spiandole xe 'l cielo e 'l mar

[1] riçi = riccioli.

[2] specio = specchio.

[3] ne ninola = ci culla, ci dondola.

[4] che xe un bisù = in modo delizioso.

DAL MOLO

All'amico GUIDO FUBINI.

    El çiel xe ciaro: trema el firmamento,
      La luna va tra bianche nuvolete;
      Che note bela! che armonia! che quiete!
      Che delizia el passar fresco del vento!

    'Na gondola atraversa el pian d'arzento
      De l'aqua che la luna alta riflete….
      Che splendido quel specio, e quele ondete
      Che se stua, che se impizza[1] ogni momento!

    El gondolïer là zo canta: se sente
      La so' canzon lontana: che dolçezza
      'Sto sôn che vien, che l'anema comove!…

    Cara Venezia mia: par sempre nòve
      Le to delizie vecie: la belezza
      Vera cussì[2] la resta eternamente.

[1] che se stua, che se impissa = che si spengono, che si riaccendono.

[2] cussì = così.

SU LA LAGUNA

    Su la laguna passa adasio[1] el vento;
      La luna tra le nuvole se sconde[2]
      De tanto in tanto, su le calme onde
      Magnifico se specia el firmamento.

    Ne la gran pase quanta poësia,
      Fra 'l çielo e la laguna che armonia!

    Su la laguna passa adasio el vento,
      Splendido riscintila el firmamento.

    Ogni stela soride a la laguna,
      Ogni onda specia l'oro de una stela;
      Dise l'aqua a la luna: «Ti xe bela.»
      «E ti xe un splendor» dise la luna.

    El vento nel passar conta[3] de amanti
      I alegri basi o i sconfortadi pianti,

    E le nuvole, a quel che dise el vento,
      Le regola el splendor del firmamento.

[1] adasio = leggermente, lentamente.

[2] sconde = nasconde.

[3] conta = racconta.

GO DITO CHE….[1]

    Go dito che un bel fior
      Par el to' lavro[2] belo e porporin:
      Go dito che l'amor
      Dona el tò viso languido e carin.

    Mostrandote crudel
      Co mi che fato gnente no te go,
      Che ti somegi[3] al çiel,
      In coscienza, più dir no podarò.

    El sol ride nel dì,
      Nol xe, come 'l to' viso, imusonà….[4]
      Zo, Nina mia, de mi
      Movite a compassion, gabi pietà.

    E un'ociadina al cuor
      Dona, caro amor mio, che te vol ben….
      Somegia ancora a un fior,
      Fa el to' viseto come 'l sol, seren!…

[1] Go dito che…. = Io dissi che….

[2] lavro = labbro.

[3] somegi = somigli.

[4] imusonà = imbronciato.

ANTITESI

    Dise 'na vecia[1]:
      Che mondo bruto!
      Che tempi oribili
      Xe mai sti qua!
      Par impossibile:
  S'à cambià tuto
  In te 'sti strepiti
  Tuto à cambià!

    Dise 'na zovene:
      Tempi beati!
      Mi tuta in gringola[2]
      Me sento andar.
      Se vive in estasi
  Che se par mati;
  Qua de continuo
  Se pol amar.

    La vecia brontola:
      Bógia de un fredo!
      Me sento i brividi
      Per i ossi andar,
      Presto in malorsega[3]
  Andar me vedo,
  Presto me imagino
  Dover crepar!

    Canta la picola:
      El moro mio[4]
      Coi oci luçidi
      El m'à vardà;
      Lu xe el mio idolo,
  Lu xe 'l mio Dio;
  Geri, basandome,
  El m'a strigà!…

[1] vecia = vecchia.

[2] in gringola = in allegria.

[3] in malorsega = alla malora, al diavolo.

[4] el moro mio = il mio amante.

NE LA QUIETE

    Mia Nineta: te par? tuto tase,
      Tuto dorme paçifico e queto….
      Che piaçer che ne dona 'sta pase
      Stando qua, da viçini, cussì!

    Xe lontan quela gondola nera
      E quel remo che l'aqua rompeva….
      El silenzio seren de la sera
      No 'l xe roto cussì dal remar.

    E l'arieta che passa, che sfiora
      El to viso belissimo e caro
      Via la core, tasendo, e ne indora
      Col so' ciaro la luna del çiel.

    E seguimo co l'ocio le bele
      Nuvolete che passa là in alto,
      E contemo la palide stele
      Che se risćia vegnerse a mostrar.

    E la luna ne varda, ridendo,
      Tonda, tonda, fasendo de ocieto….[1]
      Nu ridemo, e se 'ndemo strenzendo
      Un co st'altra, parlandose al cuor.

    Po, su l'aqua che va, tremolando,
      Rifletendo, più granda, la luna,
      Nu chinemo la testa vardando
      Quel belissimo specio del çiel,

    E voressimo dirse qualcossa
      Per la quiete che dorme, che tase,
      Per l'arieta che xe apena smossa,
      Che ne ispira, tasendo, l'amor;

    Ma vardandose i oci, tasemo,:
      Rispetemo el silenzio tranquilo,
      E, vardandose, ai cuori parlemo:
      Co le ociae[2] se capimo benon!

    Finalmente, strenzendose ancora
      Più viçini, contenti, beati,
      Finchè 'l caldo respiro ne sfiora
      Riscaldandone el viso…. e anca el cuor,

    Nu, coi brazzi[3] ligandose el colo[4],
      Su la boca se demo dei basi:
      Ne la quiete soavissima solo
      Fa susuro dei basi 'l sćiocar.

[1] fasendo de ocieto = strizzando l'occhio.

[2] co le ociae = a occhiate.

[3] brazzi = braccia.

[4] ligandose el colo = legandoci il collo.

TRADIMENTI

    —La xe stada cussì:[1] lu me ga dito:
      «Che anzoleto! che splendidi cavei!»
      Mi go risposto: «El diga, el tira drito
      Per la so' strada!..» E lu: «Che ocioni bei!»

    Po mi go dito: «Nol se toga impasso[2]
      Co le tose onorade» e ò slongà 'l passo….

    Lu, a tradimento, un baso el m'à sćiocà….[3]
      Mi, a tradimento, un sćiafo go molà!…[4]—

[1] la xe 'ndada cussi = l'andò così.

[2] nol se toga impasso = non si prenda libertà.

[3] sćiocà = schioccato.

[4] sćiafo go molà = gli lasciai andare uno schiaffo.

PRIMAVERA

 Che tu sii maledetta, o primavera!…
    STECCHETTI

    Fin che 'l vento portava, malegnaso[1],
      Dei brividi e del giazzo[2], ti, mia Nina,
      In tinelo, a la pigra stua[3] vicina
      Ti scaldavi la to' pele de raso[4].

    Che ti pensassi a mi no gh'era caso,
      Stando a spiarme drio[5] de 'na tendina….
      Mi a la finestra dava un'ociadina
      E te çercava per butarte un baso.

    Sto inverno, a la finestra, inutilmente
      Te go çercà de matina e de sera
      Sperando el to bel viso soridente….

    Co l'aria nova, la testina nera
      Adesso me soride dolçemente….
      Che ti sii benedeta, o primavera!…

[1] malegnaso = maledetto.

[2] giazzo = ghiaccio.

[3] stua = stufa.

[4] pele de raso = pelle liscia come il raso.

[5] drio = dietro.

A CHI DÀ E TOL….

    «A chi dà e tol, ghe vien la bissa al cuor»[1]
        E questo xe un gran mal,
    Che però, in quelo che riguarda amor,
        'Na fregola[2] no val:

    Che nualtri do femo cussì: te par,
        Caro tesoro mio?
    Co' un baso xe sćiocà quanto pol far[3]
        Che se lo demo indrio?…

[1] A chi dà e tol, ghe vien la bissa al cuor = A chi dà e poi ritoglie, viene un serpente al cuore. (Proverbio veneziano).

[2] fregola = bricciola.

[3] quanto pol far…. = quanto tempo lasceremo passare senza restituircelo?…

SAMARCO[1]

    Che bel tramonto: rosso sfogonà[2]
      Xe 'l çielo in fondo, sora l'Ascension;
      Come, Samarco mio, ti è iluminà,
      Come te sluse i ori del fronton![3]

    In ogni capitelo[4] per svegià
      Quel santin bianco, drito o in zenocion[5],
      E par che se vergogna, ranzignà[6],
      Ogni colombo soto el cornizon[7].

    Nel çiel rosà più alegri i par stassera
      I colombi che svola, e che deboto[8]
      Tra le colone un posto i trovarà.

    E i splendidi Cavai sluse de fiera
      Vita, e par quasi che i se slanza al troto
      Verso el çiel de ponente imporporà….

[1] Samarco = la basilica di San Marco.

[2] sfogonà = rosso come il fuoco.

[3] sluse i ori del fronton = rilucono le cose dorate della facciata.

[4] capitelo = tabernacolino.

[5] in zenocion = ginocchioni.

[6] ranzignà = rannicchiato.

[7] cornizon = cornicione.

[8] deboto = fra poco.

RICORDI

A l'amigo VINCENZO TOSI.

    Ti te ricordi, Cencio mio, le sere
    Passae su la laguna
    A contemplar el çiel per ore intiere
    Al ciaro de la luna?

    Poeti tuti do, fantasticando,
    Pensando a la morosa[1],
    A la luna se 'ndava domandando
    La vena spiritosa

    Perchè i nostri verseti andasse subito
    Driti a tocar el cuor
    Dei nostri anzoli biondi, che insensibili
    Restava al nostro amor.

    Che parole detava a le nostre aneme
    La gran Çità lontana
    Che sluseva a fior d'aqua, nel so' fassino
    D'orïental sultana!

    Lontani assae da ela e squasi persi
    De la laguna in fondo,
    Se se godeva a declamar dei versi
    Là zo, fora del mondo.

    Ne la pase del mar, nel gran silenzio
    Del çiel seren, d'arzento,
    La fantasia ai nostri cari anzoli
    Coreva ogni momento.

    La malatia de l'isolan[2] vegneva
    Alora ai nostri cuori….
    A la Çità tornar nu se voleva,
    Più 'rente[3] ai nostri amori,

    E alora, aviçinandose a l'incanto
    De la Venezia bela,
    Amor e amirazion univa el canto
    Per inegiar a ela,

    E per un momentin dei nostri anzoli
    Se se desmentegava,
    Davanti a la Çità d'arte miracolo
    Che 'l cuor ne entusiasmava.

[1] morosa = l'amante.

[2] la malatia de l'isolan = la nostalgia.

[3] 'rente = appresso, vicino.

QUANDO….

    Quando, Nineta mia, quando saremo
      Do veci bianchi, sechi, sdentegai[1],
      Forse 'l tempo passà ne scordaremo
      Quando s'avemo tanto idolatrai.

    No capiremo più come in tel cuor
      Ghe sia sta in te quei tempi tanto amor,

    No capiremo più, Nina, più mai,
      Quanti basi fra nu si sta scambiai.

    No ricordando più, Nina, l'afeto
      Che tuti do 'na volta s'à sentio,
      Se trovaremo el desiderio in peto
      De riadorar el nostro vecio Dio.

    Alzaremo la sbezzola[2], e slongando[3]
      El colo e i lavri se 'ndarà çercando

    Se tra le rughe mai, per qualche caso,
      Ghe fusse el logo adato per un baso.

    E quando po, ne l'estasi beata
      De un baso riuniremo i veci cuori,
      Ricordaremo ben la vita mata
      Gioconda e dolçe de quei nostri amori.

    Se vedaremo zoveni e fiorenti,
      Ritrovaremo i za scordadi açenti,

    E ne l'estasi dolçe, Nina, 'scolta,
      Se adoraremo, cara, un'altra volta.

[1] sdentegai = sdentati.

[2] sbezzola = mento sporgente.

[3] slongando = allungando.

RONDINELE

    Alegre rondinele, se' tornae
        Per ralegrarne el cuor,
    E passè svelte, drite, scompagnae,
        Predicando l'amor.

    'Na volta che[1] portè la primavera,
        Che a nissun fe' del mal,
    Se tuti a vualtre fa la bona çiera
        Xe giusto e natural.

    Ma a mi, no ve incorzè, che più quel tanto
        Afeto no eçitè?
    Inveçe che soriso, el xe del pianto
        Quelo che me portè!

    Ve recorden l'altr'ano? 'Na putela
        Co mi la ga spetà
    El vostro comparir, alegra e bela,
        Per el cielo indorà.

    De bei bocoli[2] el nostro pergoleto[3]
        El gera tuto pien,
    E in mezzo a lori el mio bel anzoleto,
        Disè: No 'l stava ben?

    Ma st'ano, se vualtre se' tornae
        Zigando[4], a far l'amor;
    Se le piante, per quanto trascurae,
        Ga messo fora el fior,

    De bei fiori ormai più no me n'importa
        E manco po de vu….
    La mia bela da un toco la xe morta….
        Mi no ve bado più!

    No ghe xe più quel'anzolo contento
        Qua, da viçin de mi;
    No ghe xe più quei riçi perchè el vento
        Ghe fassa dir de sì!…

    Se adesso mi me vardo, per el çielo
        Limpido a voltegiar,
    El vostro corpetin[5], liziero e snelo,
        Assae bruto me par;

    E per el çiel lontan, crose[6] che svola
        Voialtre me parè….
    Crosete triste e nere…. e xe 'sta sola
        Vision che me portè!

    Dunque, mie rondinele, el vostro nío
        'Ndèvelo[7] a far lontan
    Desso che non ghe xe el tesoro mio,
        E co' zighè, fe a pian….

    E de l'amor le sempliçi storiele
        No stemele a dir su….
    Davanti al mio balcon, no, rondinele,
        No ste a passarghe più!…

[1] 'na volta che = perchè, per questo che.

[2] bocoli = bocciuoli, bottoni delle rose.

[3] pergoleto = poggiuolo, loggia.

[4] zigando = gridando.

[5] corpetin = corpicciuolo.

[6] crose = croci.

[7] 'ndèvelo = andatevelo.

SOTO EL FELZE[1]

    La gondoleta, Nina, xe un bel nio[2],
        Un nio dolçe d'amor,
    Dove se pol confondar, sa, ben mio,
        El nostro in un sol cuor.

    Ninai[3] da l'onda e carezzai dal vento,
        Cussì, tra 'l çielo e 'l mar,
    Xe un secolo felice ogni momento
        Che in ela se pol star.

    Soto 'l felze, tra el bel veludo nero
        E tra 'l legno indorà,
    Par de sentirse un senso de mistero,
        Por el logo incantà.

    Nina, lontan da tuto e persi in fondo
        Del felze, su un cussin,
    Se se imagina soli, uniçi al mondo
        Sul mar senza confin.

    Quando, pura e zentil, l'arzentea luna
        Difonde el so splendor,
    E el specio queto de la mia laguna
        Riflete el so slusor,

    Nel nero felze, de bel oro l'onde
        Che se move me apar….
    La luna zo dal çiel quieta difonde,
        El so' splendor sul mar….

    Quando ti çerchi, povara Nineta
        La pase e 'l dolçe amor,
    Scóndite[4] ne la snela gondoleta,
        Soleva el to' bel cuor!

    Ninai da l'onda e carezzai dal vento,
        Bisogna, cara, amar….
    La luna parla col so' dolçe açento,
        Queto ne nina el mar!…

[1] soto el felze = sotto il felze: felze è la parte coperta in mezzo della gondola.

[2] nío = nido.

[3] ninai = cullati, dondolati.

[4] scòndite = nasconditi.

AMOR….

    L'amor, anzolo mio, xe quela çerta
      Cossa che vien spontaneamente al cuor
      Quando ogni strada a l'anema xe averta…
   Quelo xe amor!…

    Per quei cuori che parla quando 'l mondo
      Nel belo de la sera dorme e tase,
      E el so' queto gioir no ga secondo,
   Amor xe pase.

    E per quei che patisse[1] e che se afana
      No corisposti ne la note nera
      Drio de un fantasma, e che per lu i se dana,
   Amor xe guera!

    Per quei cuori zentili che se ispira
      Comossi da ogni roba e dapertuto;
      Che, alegri, i canta, o pur, seri, i sospira,
   Amor xe…. tuto.

    Per mi, per ti, che tanto se brameno
      Uno co st'altra, e che ne trema el cuor
      A ogni baso che insieme nu se demo,
   Amor xe…. amor!…

[1] per quei che patisse = per coloro che patiscono.

FILOSOFIA

    Cara, t'ò dito un dì, te vogio ben;
    Per ti 'sto cuor me palpita….
    Quando te vedo, torna a mi 'l seren,

    Po' le go dito: anzolo del çiel,
    Co quei che per ti spasema
    No voler essar, no, tanto crudel!

    E infin t'ò dito: quando ti me basi
    Mi son trasportà in estasi….
    Al cuor, che no voria[1], comando: tasi!…

    'Desso, inveçe, che so quanto ti xe
    Dopia[2] come 'l demonio,
    Co' son lontan da ti devento un re,

    E, deventà filosofo, ò pietà
    De quel povaro stupido
    Che ne la rede tua sarà cascà….

[1] che no voria = che sarebbe riluttante.

[2] dopia = furba, astuta.

LA PETÉGOLA[1]

    La xe 'na petegola,
      La stà tuto 'l dì
      Pusada sul pergolo
      A far: ci-ci-ci!…[2]

    La ga 'na lengua perfida:
      De ognun la dise mal,
      A far finía fa ciacola[3]
      Nissun rimedio val.

    A furia de mignognole[4]
      La fa parlar ognun….
      Al mondo lengua simile
      Çerto no ga nissun.

    La xe 'na petégola,
      La sta tuto 'l dì
      Pusada sul pergolo
      A far: ci-ci-ci!…

[1] La petègola = La pettégola.

[2] ci-ci-ci = suono onomatopeico per rappresentare un chiaccherinìo udito da lontano.

[3] ciacola = il chiacchierare.

[4] mignognole = moine.

PERCHÈ?…

    —Perché ti me voi ben?
      Go dito a Nina un dì:
      Cossa ghe xe in quel sen
      Che palpita per mi?—

    Quel viso inamorà,
      Rosso, l'à vardà in zo,
      Po' la m'à susurà:
      —Gnanca[1] mi no lo so!…—

[1] gnanca = neanche.

INCANTO

Nel nostro amor, Nineta,
  Ghe xe come un incanto:
  Guai se tase l'arieta,
  Guai se se ferma el canto
  Del gondolier e 'l fremito
  Zentil de la laguna,
  Guai se manca l'arzenteo
  Soriso de la luna,
  Guai per la nostra anema,
  Guai per el nostro cuor!

…E T'Ò VARDÀ!…[1]

a I. M.

    Ti ga d'aver ne i oci inamorai,
      In te quei oci grandi e neri, neri,
      Qualche cossa che atira, che i fa seri,
      Che li fa più splendenti, più adorai.

    Mi gaveva zurà[2] de più, più mai
      Fissarte in quei to bei oci severi,
      Lo gaveva zurà, quando che geri[3]
      Da quei to oci i mii xe sta atirai.

    Go fato finta[4], mi, de no vardarte,
      Go fato al volto mio mostrar la smara[5],
      Go tentà de vardar da 'n'altra parte,

    Ma 'l zuramento go desmentegà
      Per quela bela testolina cara….
      No voleva vardarte…. e t'ò vardà!…

[1] ….e t'ò vardà!… = e ti guardai.

[2] zurà = giurato.

[3] geri = ieri.

[4] go fato finta = feci le viste.

[5] mostrar la smara = mostrare il corruccio.

BELA CRUDEL

    Ti ti splendi, Nineta, più del sol,
    De più del firmamento….
    Xe 'l to bel canto pien de sentimento,
    Ti par un rusignol[1].

    Ti xe più fresca de un bel fior d'april
    Al sol de la matina….
    La bela e genïal to' testolina
    Xe d'anzolo zentil.

    Ma nel to corpo splendido, gh'è un cuor
    Giazzà[2], crudel, de piera[3];
    Ma gh'è un'anima sorda a la preghiera
    Del disperà mio amor!…

    Mi go tentà el tentabile per far
    Che no ti sii cativa,
    Ma ti, bela crudel, ti xe giuliva
    De farme tribolar!

[1] rusignol = usignuolo.

[2] giazzà = ghiacciato.

[3] piera = pietra.

CO' TI RIDI….

    Co' ti ridi, ti trovi averta subito
        La via de la mia anema;
    Co' ti ridi, ti porti el bon umor
        Dentro de 'sto mio cuor.

    Co' ti ridi, ti par, se xe possibile,
        Più bela del to solito….
    Co' ti ridi, el to' viso par un fior,
        Un fior zentil d'amor!…

SMARA[1]

    Dei zorni andemo in cólera
      Fra mi e la mia Nineta,
      E Amor, scandolizzandose,
      Scampa lontan da nu.
    Ela, crudel e seria,
      No la vol dar più reta;
      Mi vado sperzurandoghe
      De no vardarla più!…
       Pianzè, done sensibili,
       Sul nostro mal pianzè!…

    Mi el tegno el muso[2], e 'l palido
      So' viso varda in tera;
      Mi co la coa de l'ocio[3]
      Vardo quel che la fa…
    La ga segni de lagreme,
      La ga na trista çiera,
      Povera Nina! in gringola
      Per mi più no la va![4]
       Pianzè, done sensibili,
       Sul nostro mal pianzè!…

    Ela, però, risćiandose
      De vedar se la vardo,
      La trova che insensibile
      Del tuto sta no son….
    Ela tenta de ridarme,
      E mi de più me azardo….
      Tornemo amiçi subito
      E Amor deventa bon!
       Sughè, done, le lagreme:
       Sul nostro ben ridè!…

[1] smara = corruccio.

[2] tegner el muso == tener il broncio.

[3] coa de l'ocio = coda dell'occhio.

[4] in gringola per mi più no la va = non si ringalluzza più per me.

DRIO LA TENDINA[1]

    Nina mia, credistu
      Che la tendina
      Basta per scordarme
      El to splendor?
       O ti te imagini
  Che no indovina
  Che là, spiandome,
  Ghe xe el to cuor?

    Là drio, al palido
      Zentil viseto,
      Pena[2] 'l pol vedarme
      Vien el rossor.
       Tuto per scondarte,
  Caro anzoleto,
  Xe sempre inutile
  Contro 'l mio cuor!

    No xe 'l to' movarte
      Drio lo tendina,
      No xe el rifleterse
      Del to splendor
       Quel che scoverzarte
  Me fa, mia Nina,
  Ma xe un gran palpito
  Che me dà el cuor.

    La tenda scondarte
      Pol, mia Nineta:
      Ti pol, ne l'anema
      Scondar l'amor,
       Ma a chi xe inutile
  Far la furbeta
  Xe a 'sto mio zovene,
  Povaro cuor!…

[1] drio la tendina = dietro la tenda.

[2] 'pena = appena.

VUSTU MONTAR?…

I.

    Nina, la gondola, varda, te speta,
      Su l'aqua placida viente[1] a ninar….
      'Vanti[2], destrighete[3], mia cocoleta:
   Vustu[4] montar?…

    La luna arzentea sluse nel çielo:
      La fa de ocieto, la dise: «sì!»
      Dunque destrighete, anzolo belo,
   Vien qua co mi.

    Come un bel specio del firmamento
      Lisso, in silenzio, dorme el mio mar….
      L'amor ne l'anema, Nina, me sento….
   Vustu montar?…

    Zo, vien in gondola, tesoro mio,
      Ne la dolçissima pase, co mi,
      'Ndemo su l'aqua, d'amor nel nio,
   Dime de sì!…

    Come un bel specio del firmamento,
      Lisso, in silenzio, dorme el mio mar….
      L'amor ne l'anema, Nina, me sento….
   Vustu montar?…

II.

    Xe la nostra Giudeca un incanto
      De bengala, de mile colori:
      Gh'è un giardin sora l'aqua, gh'è fiori,
      Gh'è 'l riflesso de un splendido çiel.
      Vustu montar? La gondola
        Nineta mia, xe pronta;
        Dame la man, zo, monta,
        Andemo al Redentor!…

    No pensar che la mama te cria[5]
      Se co mi ti vegnessi a la festa;
      Se la ziga, gran scusa xe questa:
      No fasevistu istesso anca ti?…
      Vustu montar? La gondola,
        Nineta mia, xe pronta;
        Dame la man, zo, monta,
        Andemo al Redentor!…

    'Ndemo, fidite, presto, Nineta,
      Par d'amor la mia gondola un nio:
      No pensar a la mama, amor mio,
      Vien tra i ciassi[6], tra i canti, co mi.
      Vustu montar? La gondola,
        Nineta mia, xe pronta:
        Dame la man, zo, monta,
        Andemo al Redentor!…

[1] viente = vienti.

[2] 'vanti = avanti, andiamo.

[3] destrighete = spicciati.

[4] vustu? = vuoi tu?

[5] cria = sgridi.

[6] ciassi = chiassi, festini.

I SOGNI

    Un dì t'ò dito: - Nina, m'ò insognà[1]
      Che ti me vogi[2] tanto, tanto ben:
      Che creda ai sogni?—mi t'ò domandà:
      —Sì—m'à risposto el to viso seren.

    Ma co' t'ò dito:—Nina, m'ò insognà
      Che tanti basi ti me vogi dar,
      El to' parer[3] sui sogni s'à cambià:
      —No starghe—ti m'à dito—più badar.—

[1] m'ò insognà = ho sognato.

[2] che ti me vogi = che tu mi voglia.

[3] parer = parere, opinione.

STORNEI

    Fior de lavanda:
      Bele speranze e fede, a onda a onda[1],
      Quel to viso zentil semprè me manda.

    Fior de giaçinto:
      Da un baso tuo scombussolà[2] me sento;
      Credeva far el forte, ma son vinto.

    Fior de gagía:
      Co' xe lontana la testina tua,
      Lontana xe de mi l'anema mia.

[1] a onda a onda = a poco a poco.

[2] scombussolà = sconvolto.

REDENTOR ANTICO[1]

    Presto, Nineta, giustite[2]
      El to zendal[3] in testa;
      Presto, quel fior che resta
      Pòntilo sul tupè!…[4]

  Basta, no dar più çipria
    Su i to' pometi sguardi…[5]
    Fa presto che xe tardi:
    Ti sta benon cussì!…

    Nineta, zo[6], destrighete[7],
      Al Redentor
    Zo, vien….
      Per nu la festa pararà[8] belissima
      Co tanto amor
    In sen.

    Za pronta xe la gondola,
      No tocar più i cavei,
      Non metarte altri nèi[9];
      Cussì ti xe un bisù!

  Eco: te tegno el strássino[10]:
    Che amor xe la to testa….
    Regina de la festa
    Stanote ti sarà.

    Nineta, zo, destrighete,
      Al Redentor
  Zo, vien….
      Per nu la festa pararà belissima
      Co tanto amor
  In sen.

[1] Redentor = festa del Redentore: festa-baccanale che si solennizza a Venezia nella notte della terza domenica di luglio di ogni anno, sino dal 1577.

[2] giustite = accómodati.

[3] zendal = zendado. Il Boerio:

«Drappo di seta leggerissima e notissimo di cui in quasi tutto il secolo ultimo scorso formavasi una specie di abito divenuto quasi nazionale delle Dame e Donne civili in Venezia. Egli era un vestito nero che adattavasi con artificio appuntato sul capo, che copriva e discopriva con malizia il volto, e con eleganza attorcigliavasi alla vita, il che gli dava il potere veramente magico di abbellire le brutte e di fare vie maggiormente spiccare le attrattive delle belle: come vivacemente s'esprime la nobile autrice delle Feste Veneziane.»

[4] tupè = «toupet»: acconciatura dei capelli di moda nel secolo scorso a Venezia.

[5] pometi sguardi = guancie vermiglie, rubiconde.

[6] zo = esortativo: andiamo, via.

[7] destrighete = spicciati.

[8] pararà = sembrerà.

[9] nèi = nèi: quei segni posticci di taffetà, rotondi, falcati o di varie altre figure che si usavano porre sul viso per moda nei tempi andati.

[10] stràssino = lo strascico della veste.

XE 'L TO BALCON SERÀ!…

(PER MUSICA)

    Xe un zorno malinconico:
      No piove e no gh'è sol….
      Passa su l'aqua, adasio[1],
      Tasendo, el barcariol.

    Pesa su la mia anema
      Gran fiaca[2] e gran sconforto….
      Se tento de resisterghe,
      El cuor tase: el par morto!

    No penso: par da nebie
      El pensier mio copà[3]….
      Xe un zorno malinconico,
      Xe 'l to' balcon serà!…

[1] adasio = adagio.

[2] fiaca = stanchezza.

[3] copà = oppresso.

TRE TERNI

    —Siora Gegia: ghe par? gala sentio?[1]
      De tre terni, no un numaro cavà[2],
      E sì l'ò visto proprio[3], mio mario[4],
      L'altra note, co' mi me so' insognà…,

    Come 'na iena el me coreva drio
      (I numari za ela la li sa),
      E el me zigava: «Prega el to gran Dio
      Che no te ciapa!…»[5] Infin, me go svegià!…

    La creda, siora Gegia, cussì vero
      El m'à parso[6], cussì, dirò, efetivo,
      Che no uno, tre terni go zogà!

    Per vìnzar, go impizzà[7] là al çimitero
      Un lumin…. Stranatasso!… tal qual vivo,
      Anca morto, se vede, el xe inrabià!…—

[1] gala sentio? = ha udito lei?

[2] cavà = estratto.

[3] proprio = davvero, sul serio.

[4] mario = marito.

[5] che no te ciapa = che non t'agguanti.

[6] el m'à parso = mi parve,

[7] impizzà = acceso.

VIEN IN GONDOLA

    Vien in gondola, Nina, contentime,
      Vien in gondola, amor del mio cuor….
      Sora l'aqua par squasi che l'aneme
      Le se infiama d'un magico amor.

    Soli soli, ninai[1] da la gondola,
      Carezzadi[2] dal vento de oriente,
      Se se sente sospesi in un'estasi
      Che compagna no al mondo no gh'è.

    Se riflete la luna, le nuvole
      Nel gran specio de l'aqua lontana,
      E le picole onde moltiplica
      De la luna d'arzento el splendor.

    E ne l'ombre lontane, fantasime
      Silenziose, bianchissime, apar….
      Par che un vento le mova a fantastiçi
      Bali fati tra 'l çielo e tra 'l mar.

    E là in alto, le stele che tremola
      Nel mandarne un soriso de luse,
      Par le diga: «Ma amève! sè zoveni,
      Za del mondo la vita xe amor!»

    Se par squasi nel queto silenzio
      Trasportai nel gran mondo dei sogni,
      Fra l'incanto del cielo, su l'aqua
      Se voria per dei secoli star….

    Vien in gondola, Nina, contentime,
      Vien in gondola, amor del mio cuor….
      Sora l'aqua par squasi che l'aneme
      Le se infiama d'un magico amor!…

[1] ninai = cullati.

[2] carezzadi = accarezzati.

MARINA

    El mar lontan xe splendido, tranquilo,
      A la riva el ga un'onda che va e vien,
      El riflete el gran çielo de berilo,
      Quel çielo pien de sol, cussì seren.

    Ghe xe 'na vela bianca in fondo in fondo,
      Squasi persa, la zo, fora del mondo;

    E un cocal sora 'l mar el sta librà,
      Ridendo co' 'l se vede rispecià.

«NO» E «SÌ»

    Voleva dirte tante e tante cosse,
      Ma te go dito una parola sola;
      Te xe restada ogni risposta in gola;
      Le ganassete[1] tue s'à fato rosse.

    Co la testa, a dir «no» ti te afanavi,
      Ma rossa rossa, sempre ti restavi….

    Ma se à tasesto quei to' bei lavreti,
      «Sì» m'à dito el rubin dei to pometi[2].

[1] ganassète = ganasciue, guancie.

[2] el rubin dei to' pometi = il rubino delle tue guancie.

AH! POVARETA MI!…

    —M'à visto el barba[1] Bortolo
    Ferma a parlar co ti….
    Madona! quante ciacole[2]
    Desso el farà su mi!
       «Fermarse in strada!…» subito
  Sbragiar[3] me sentirò….
  «Mi te go vista in estasi
  Filar el rococò!…[4]

    La prima volta e l'ultima
      Varda che sia sta qua….
      Tose onorade….» eçetera
      Desso el me cantarà!
       M'à visto el barba Bortolo
  Ferma a parlar co ti….
  Madona! quante ciacole
  Desso 'l farà su mi!…

[1] el barba = lo zio.

[2] ciàcole = chiacchiere.

[3] sbragiar = gridare.

[4] filar el rococò = fare all'amore.

NELL'ALBUM

    El mar xe verde, çelestin, imenso,
  Per questo adoro el mar….
      Ne l'ocio tuo, del mar, quando me penso,
      Color e imensità vedar me par.

    La porpora del lavro e del to' viso,
  Cara, pensar me fa
      Ai tramonti del sol, al rosso riso
      Del çiel in te una sera de l'istà!…[1]

[1] istà = estate.

GONDOLA NERA

NELL'ALBUM DELLA SIGNORINA L. C.

Questa gondola comparo io ad una culla e la sua cassa ad una tomba. Appunto così: fra una culla e la tomba noi vacilliamo attraversando, spensierati, pel gran canale, la vita.

GOETHE— Epigr.

    Su l'aqua lissa[1], nera
      E misteriosa va 'na gondoleta….
      La pase de la sera
      Pesa su l'aqua plaçida del mar….
        Fresca e zentil l'arieta
      Dolçemente continua a susurar.

    El remo, ogni momento,
      Sćiafisa[2], susurando, la laguna;
      Tristo come un lamento
      Par el canto lontan del gondolier….
        Dal çiel, e stele e luna
      Manda a l'aneme un intimo piaçer.

    Cussì, nel so' mistero,
      La gondoleta va sul mar…. l'è sola
      Su l'aqua…. un punto nero
      Ormai quasi la xe…. presto sparir
        La dovarà, la svola….
      Se la vede adasieto impicolir.

    No so perchè, ma quela
      Gondola che sul mar presto va via
      Nera, zentil e snela,
      Dei sentimenti strambi[3] me dà al cuor;
        Ela a l'anema mia
      Parla d'amor zentil e de dolor.

    Dentro ela, tosi amanti
      Unisse[4], forse, in uno i so' do cuori,
      Do cuori palpitanti
      Che nel sogno d'amor i va sul mar;
        Soto quel felze, lori[5]
      Fora del mondo i se sente portar.

    Ma tanta vita penso
      Che forse no ghe xe nel felze nero;
      Forse, sul mar imenso
      Un morto, povareto, vien portà
        Lontan, co quel mistero,
      Sul mar lisso, paçifico, incantà!…

    Prima, me par che stele
      E luna ai tosi amanti amar le diga;
      Me par che, bionde e bele,
      Le canta insieme a l'aria ini d'amor….
        Dopo, me par le ziga
      Le orazïon dei morti e del dolor.

    De dentro, zentil cuna[6]
      Del caro amor me par la gondoleta
      Che va su la laguna;
      De fora[7], nera tomba la me par….
        Ride o pianze l'arieta
      Su la pase infinia de 'sto mio mar….

[1] lissa = piana.

[2] sćiafisa = schiaffeggia.

[3] strambi = strani.

[4] unisse = uniscono.

[5] lori = essi.

[6] cuna = culla.

[7] de fora = di fuori.

LA VÈNTOLA

    Son bela, volubile,
      Go piume, go fiori,
      Farfale, bei anzoli
      Su mi disegnà:
      Mi dono fresca aria,
      Mi scaldo dei cuori,
      Me mostro alegrissima
      De inverno e de istà.

    Mi posso in un atimo
      Slargarme[1], far roda,
      Più granda, più picola
      Mi paro cussì;
      Da tanti bei secoli
      Son sempre de moda,
      In moto carissimo
      Mi son note e dì.

    La bela, belissima
      Ganassa[2] mi sfriso[3],
      Ma el sfriso[4] xe inocuo
      Su quel molesin[5]:
      Se bianco, se palido
      Xe sempre quel viso,
      Lo fasso in t'un atimo
      Vegner porporin.

    Se in pressa[6] mi supio[7]
      El mio venteselo,
      Dei riçi[8] biondissimi
      Se move su e zo.
      El viso de un anzolo
      Se mostra più belo
      Se i riçi, movendose,
      Ve dise: Sì e no.

    Nel moto mio solito
      Che cresse, che cala,
      Me mostro volubile,
      Liziera, zentil….
      A un'ala somegio[9]
      De bionda farfala
      Che svola ne l'aria
      In magio o in april.

    'Sta vita belissima
      Per mi sempre dura
      Finchè bela e splendida
      Ancora mi son….
      Co' 'rivo a essar vecia
      Nissun più me cura,
      E son messa in pevare[10]
      In fondo a un casson.

[1] slargarme = distendermi.

[2] ganassa = guancia.

[3] sfriso = tocco passando.

[4] el sfriso = il frego.

[5] su quel molesin = su quel morbido, su quel delicato.

[6] se in pressa = se in furia.

[7] supio = soffio.

[8] rici = riccioli.

[9] somegio = assomiglio.

[10] messa in pevare = messa in riposo, abbandonata.

TEMPESTA

    Sul mar furioso, ne la note oribile,
      Fisćia, tremendo, el vento;
    La note nera dentro a tute l'aneme
      Porta el più gran spavento.

    Par che la ziga[1] nel so tristo strepito
      Le angosse de chi mor;[2]
    Par che la conta[3] quante grame vitime
      Fa 'l mar co' 'l xe in furor.

    Quante famegie, quanta zente palida
      Speta che sia finio
    'Sto oror de tempo, che dispera le aneme
      Che se rifugia in Dio!…

    Doman tornarà 'l sol nel çielo limpido,
      El mar se quietarà,
    Ma pescaori a le so' case povare
      Doman ne tornarà.

    Doman el sol confermarà a dei orfani
      La sentenza crudel
    Che 'l vento ne la note, co 'l so' spasemo
      Ga urlà via per el çiel.

    Almanco[4] el sol scondendose drio nuvole
      No amarizasse[5] el luto,
    Ma l'ironia de sto destin oribile
      Fa torturar co tuto!…

[1] ziga = gridi.

[2] le angosse de chi mor = le angoscia dei morenti.

[3] conta = racconti.

[4] almanco = almeno.

[5] amarizasse = amareggiasse.

XE PASSÀ EL TEMPO

    Xe passà el tempo, sa, del bon umor,
      De dirse madrigali e almanacar
      Su i to' tiepidi basi, sul to' cuor,
      Sora el to' çerto modo de vardar;

    Su mi (pur tropo un fià tardi lo vedo)
      I to' basi no fa caldo né fredo,

    E l'amor tuo che mi credeva eterno,
      Me fa sofrir le pene de l'inferno.

IN GONDOLETA

    Dame la man e monta, mia Nineta,
      Monta, no aver paura;
    Ne la mia snela e longa gondoleta
      Ti ti pol[1] star sicura.

    Mi sarò el gondolier; de mi fidarte
      Ti pol, caro mio ben:
    Ti sa che sempre, al minimo vardarte,
    Palpita forte el cuor in tel[2] mio sen.

    Da l'alta pope[3] farò andar col remo
      La barca come 'l vento.
    Come in sogno svolar se vedaremo
      Tra spolverio d'arzento.

    La luna bela nel so' splendido arco
      Sluserà su nel çiel;
    Da lontan vedaremo de San Marco
    L'anzolo d'oro sora el campaniel.

    Storie de amanti cantarà l'arieta
      Svolando sora l'onda….
    Fermando el mio vogar, la gondoleta
      Se movarà a seconda.

    Viçin de ti mi vegnarò, mia Nina,
      Parlandote d'amor,
    Basandote la picola manina,
    Mostrandote l'inçendio del mio cuor….

    Fregola mia, no diventar, no, rossa,
      No stà temer mai gnente[4]:
    Insieme a mi, pustu temer qualcossa?…
      Là zo[5], nissun ne sente.

    Monta, presto, Nineta: anca la luna
      Fra nuvole s'à sconta….
    Varda: xe poco bela la laguna?
    Brava! cussì!… Dame la man, zo, monta!…

[1] ti ti pol = tu puoi.

[2] in tel = nel.

[3] pope = la poppa; la parte posteriore della gondola.

[4] gnente = niente.

[5] là zo = laggiù.

STRIGÀ!…[1]

    Stassera el firmamento
      Ga un çerto slusorio,
      E in tel so' mormorio
      Ga çerte cosse el vento!…

    No so: mi son contento
      Stassera come un Dio;
      Stassera nel cuor mio
      Un çerto che me sento!…

    Go caldo, son liziero….
      Eh! proprio! no gh'è caso,
      Mi go da essar malà.

    Malà?… Corpo!… xe vero:
      Za un'ora, co quel baso,
      Birba, ti m'à strigà!…

[1] stregato.

EL GONDOLIER

AD ANTONIO MASCHIO.

    I tempi cambia e lu no cambia mai:
      Sempre alegro, zentil e ciacolon[1],
      Pronto a inrabiarse[2] e a far la pase, bon
      Co' in gondola el conduse inamorai.

    Filosofo, educà. Tra i «premi» e i «stai»[3]
      Lu canta malinconiche canzon
      Co' 'l va per la laguna a zirondon[4]
      O co' 'l va via tra 'l scuro dei canai.

    Anema bona e calma de poeta,
      Franco, fidà, sempre col cuor in man,
      Muscoli tuti assal[5], corpo d'atleta,

    Eco 'sto caro tipo del sovran
      Dei canai, de la mia laguna quieta,
      Eco 'sto caro tipo venezian.

[1] ciacolon = chiacchierone.

[2] a inrabiarse = a montar sulle furie.

[3] «premi» e «stai» sono le grida convenzionali tra gondolieri per dire di voltare la gondola a sinistra o a destra.

[4] a zirondon = in giro.

[5] assal = acciaio.

OTOBRADA

    Semo a metà de otobre, el mese classico
      De le fogie[1] da i álbari cascae;
      El mese dei poeti malinconici,
      De l'anime da amor mistificae.

    Beato sia l'otobre! Canta in estasi
      El mio zovene cuor tuto contento….
      Da la campagna xe tornà el mio idolo….
      Urla che 'l cuor no ti me giazzi, o vento!

[1] fogie = foglie.

RELOGIO FERMO[1]

    Se ga fermà el relogio là in saleta;
      A le sete e tre quarti el s'à fermà;
      A l'alegro tic-tac no dava reta:
      Desso, tasendo, che tristezza el fa!

    Quel sôn pareva farme compagnia:
      Quanta, senza de lu, malinconia!

    Quel sôn me dava vita e bon umor,
      Tic e tac el bateva col mio cuor.

    'Desso, co sto silenzio, me par squasi
      D'essar solo, soleto, abandonà;
      E me par sia sta i ultimi quei basi
      Che za tempo, Nineta, ti m'à dà.

    Su i to' lavri ghe gera, sa, Nineta,
      Quel tristo fredo che ghe xe in saleta!

    Pareva el fogo del to amor stuà….[2]
      Come el relogio, in peto el cuor fermà!…

[1] relogio fermo = orologio fermo.

[2] stuà = spento.

NEVE

    'Sta neve che vien zo xe un'ironia:
      'Sta pase cossa val
      Se son in guera co la Nina mia,
      Se sempre più lontan va l'idëal?

    'Sta bianca neve xe, sul serio, un luto,
      Un luto del mio amor….
      Ela vien zo, la sepelisse tuto,
      Fin le speranze che go qua in tel cuor!

NEVE E AMOR

    Quela neve dei copi[1], per sgiazzarse[2],
      Quanto tempo, Madona, che ghe vol!…
      Se la vede adasieto ritirarse
      Dopo le longhe ociae[3] che ghe dà el sol.

    Par che a ogni tristo dì de nebie o vento,
      De sgiazzarse ghe vegna el pentimento;

    Par che la diga: «Resto ancora qua….
      Palido sol, xe assae lontan l'istà!…»

                     *
                    * *

    Per tornar a sperar, quanto che speta
      El mio zovene cuor za sconfortà!…
      Ghe xe nòve ilusion, ghè 'na segreta
      Speranza, ma el mio cuor resta serà.

    Se le speranze de dorade e care,
      Le disilusïon xe tanto amare!…

    No fidarte: sta atento, sa, mio cuor:
    Ocio ai fantasmi…. xe lontan l'amor!…

[1] dei copi = delle tegole, dei tetti.

[2] _s_giazzarse_ = sciogliersi.

[3] l_onghe ociae_ = lunghe occhiate.

MISTICA

    La gera bionda, bionda come 'l mar
      Soto un tramonto d'oro;
    Se sentiva nel canto suo scherzar
      De rusignoli un coro.

    Splendeva ne i so' oci el senso arcan,
      Dolçe del firmamento,
    Ghe portava dei basi da lontan
      De l'orïente el vento.

    El mar ninava[1] el so' sogno d'amor
      Co un'intima dolçezza:
    El sol scaldava el so' zovene cuor
      Co un'infantil carezza.

    Le stele che sluseva su nel çiel,
      In alto l'atirava;
    La luna, col nebioso e bianco vel
      A l'anema parlava.

    *
    * *

    ….In una note nera, malinconica,
      El vento ga ruzà[2],
    E el mar, el queto mar, fato teribile,
      Orendo, el s'à inrabià[3].

    El sol, el zorno dopo, nel çiel limpido
      Sul mar s'à levà su….
    Da quela note in çiel 'na fulgidissima
      Stela ghe xe de più!…

[1] ninava = cullava.

[2] ruzà = ruggito.

[3] el s'à inrabià = montò in collera.

A VENEZIA

    Quanto bela ti xe, Venezia mia!
      Mi no posso finir mai d'amirarte….
      Paradiso sul mar, cuna[1] de l'arte,
      Viver sempre e morir qua mi voria.

    Co' ti xe tuta piena de alegria
      Ti ti me scaldi 'l cuor solo a vardarte;
      Co' 'l çiel xe bruto e par che 'l vogia odiarte,
      Sento in tel cuor 'na gran malinconia.

    Venezia cara, silenziosa e quieta,
      Xe la belezza tua che à sugerio
      Versi al zovene cuor mio de poeta;

    Venezia, logo che no ga 'l secondo,
      Te vogio ben come a 'na mare el fio:
      Lontan da ti mi son fora del mondo.

[1] cuna = culla.

ADIO!

    Adio, povari versi, abandonai
      Come liziere piume in brazzo al vento….[1]
      Adio! 'ndè via…. no podarò dir mai
      La tristezza che in cuor desso me sento.

    Vu se' mio sangue; vu se' destacai[2]
      Tochi del mio cuor[3] zovene e contento;
      Vu se' intimi amici afezionai
      Che de lassar, purtropo xe 'l momento….

    Vardè el bianco cocal: sicuro, atento,
      Su la laguna queta voltegiando,
      Tanto tempo el se mostra a l'ocio mio;

    Fe come lu! Mi nel lassarve, al vento
      De la laguna mia ve racomando….
      Libréve in alto tanto tempo!… Adio!…

[1] come liziere piume in brazo al vento = come leggere piume in braccio al vento.

[2] destacai = staccati.

[3] lochi del mio cuor = brani del mio cuore.

INDICE

  Prefazione……………….. Pag. 9
  Avvertenza…………………..» 11
  Monta, Nineta, in gondola……..» 13
  Amar, amar, amar……………..» 15
  Parcossa?……………………» 17
  Tra barcarioi………………..» 19
  El scaldin…………………..» 20
  Su l'aqua limpida…………….» 23
  Dal molo…………………….» 24
  Su la laguna…………………» 25
  Go dito che………………….» 26
  Antitesi ……………………» 27
  Ne la quiete…………………» 29
  Tradimenti…………………..» 31
  Primavera……………………» 32
  A chi dà e tol……………….» 33
  Samarco……………………..» 34
  Ricordi……………………..» 35
  Quando………………………» 37
  Rondinele……………………» 39
  Soto el felze………………..» 41
  Amor………………………..» 43
  Filosofia……………………» 44
  La petégola………………….» 45
  Perché?……………………..» 46
  Incanto……………………..» 47
  E tò vardà?………………….» 48
  Bela crudel………………….» 49
  Co' ti ridi………………….» 50
  Smara……………………….» 51
  Drio la tendina………………» 53
  Vustu montar?………………..» 55
  I sogni……………………..» 57
  Stornei……………………..» 58
  Redentor antico………………» 59
  Xe 'l to balcon serà!…………» 61
  Tre terni……………………» 62
  Vien in gondola………………» 63
  Marina………………………» 65
  No e Sì……………………..» 66
  Ah! povareta mi!……………..» 67
  Nell'album…………………..» 68
  Gondola nera…………………» 69
  La vèntola…………………. » 71
  Tempesta…………………….» 73
  Xe passà el tempo…………….» 74
  In gondoleta…………………» 76
  Strigà!……………………. » 77
  El gondolier…………………» 78
  Otobrada…………………….» 79
  Relogio fermo………………..» 80
  Neve………………………. » 81
  Neve e amor………………….» 82
  Mistica……………………..» 83
  A Venezia……………………» 85
  Adio!……………………….» 86